martedì 30 giugno 2009

Sulla tragedia di Viareggio



Quello che impressiona dei disastri come quello di Viareggio è la fatalità. Te ne stai tranquillo a casa tua, magari assaporando il fresco della sera prima di andare a letto, quando esplode il vagone di un treno che passa di lì. E non ci sei più.

Rimango sempre colpito al pensiero della fragilità umana, o di come il caso possa giocare con le nostre vite. Il carrello di quel vagone (o qualunque sia stata la causa) poteva rompersi un chilometro prima, o magari un chilometro dopo; e tu avresti seguito la notizia al telegiornale.

Tornando a pensieri più... politici. Ovviamente stanno fioccando le polemiche sulle cause del disastro. Sappiamo, anche grazie a Report, le gravi manchevolezze delle ferrovie, che preferiscono investire sulla redditizia alta velocità e lasciano ben poco per tutto il resto. Ma stavolta la colpa sembrerebbe essere altrove (della società straniera proprietaria del carro deragliato). Che la colpa stia a Vienna o a Roma cambia poco. Il nocciolo della questione è sempre il solito: si investe dove i guadagni sono più facili e si cerca di massimizzare i profitti risparmiando su tutto, a iniziare dalla sicurezza. Tanto chi ci rimette, quando qualcosa va storto, non è certo chi siede nelle stanze dei bottoni.

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